C’è una sensazione nuova che ho imparato a conoscere negli ultimi 5 anni, da quando la mia storia personale e il mio percorso professionale hanno trovato un comune denominatore che risponde al nome di Manualmente:
quella delle occasioni mancate.
Non da me in questo caso. Ora mi spiego.
Manualmente è un grosso calderone che borbotta e ribolle a fuoco lento. Tante piccole esplosioni su un substrato di attività costante e incessante.
Queste piccole esplosioni sono quelle che considero delle occasioni: le occasioni di vedere l’energia manifestarsi e rendersi visibile.
Come è successo 15 giorni fa, durante il workshop “End 2 Pain”.
Charlie Baycroft è un medico neozelandese, che ha studiato quello che ha studiato, ha creato quello che ha creato, non è di questo che voglio parlare. Voglio dire, di curriculum altisonanti sono pieni l’internet e i forum di fisioterapia. Non voglio partecipare alla solita gara a chi piscia più lontano usando l’inglese migliore, quella ha stancato già da tempo.
Voglio però dire che Charlie Baycroft è una persona geniale. La mia personale definizione di genio è chi riesce a vedere cose che la maggior parte delle persone non vede pur avendole sotto al naso. E nel mostrarle le rende semplici.
“Semplice” è una parola bellissima: richiama subito a una situazione di comfort in cui chiunque può riconoscersi e stare agevolmente. “Semplice” è una condizione di partenza.
Inventare un plantare, validarlo dal punto di vista medico, farlo diventare un prodotto a esposizione mondiale, comunque non fermarsi, trovare il modo di automigliorarsi senza rinnegarsi, avere il coraggio di lasciare andare la propria creatura quando ormai è compromessa e mercificata, sapersi reinventare, con la dignità intellettuale di chi a 80 anni ancora ti ripete “io voglio far stare bene i miei pazienti”. E te lo dice più volte, con la beata serenità di chi chiede: “Perché? Cos’altro dovremmo fare?”
È una frase che ho sentito dire a pochi terapisti. Purtroppo.
Nessuno di questi giovane. Purtroppo, di nuovo. Da lui l’ho sentita dire in ogni occasione.
Charlie Baycroft è una di quelle persone che non ti lasciano andare a casa uguale a come sei arrivata. È una di quelle persone che accende qualcosa, una scintilla, un’idea di energia, di voglia di saperne di più, di imparare di più, di non fermarsi.
Charlie Baycroft ieri sera ha parlato a lungo di paradigmi vecchi, quelli che usiamo tuttora tutti, indistintamente, basati su leggi vecchie e credenze datate. Paradigmi che vengono portati avanti “perché si è sempre pensato/fatto/detto/baciato/lettera/testamento così”.
Poi è sceso nel pratico. Diciamolo, quello che ci aspettiamo, noi fisioterapisti, in qualsiasi corso, è “la pratica”. Per noi vale sempre più della grammatica! Il punto chiave è come proporre “la pratica”.
Lui, da mente geniale, l’ha fatto in una maniera tanto semplice, quanto disarmante, in modo da rendere comprensibile anche i concetti più ostici da ricordare. Per ogni fase del passo ci ha spiegato quali siano i gesti della locomozione da valutare e per ognuno ha dato due/tre “tip”, ovvero semplici, mai banali, suggerimenti e “trucchetti” legati a valutazione, analisi e trattamento. Ci ha mostrato alcune tecniche, ha sottolineato i “take home message”, ancora una volta cercando di capire come, nel contesto BIOpsicosociale, possiamo guarire e non ammalare i nostri pazienti.
Quello di due settimane fa è stato un workshop di fisioterapia, di quelli che esci dicendo “ne voglio sapere ancora”, voglio iniziare questo percorso formativo, voglio fare.
Posso essere utile.
Le occasioni mancate sono di chi non sceglie percorsi e partner formativi che siano stimolanti, propositivi, che diano energia, che ti facciano capire che possiamo dare di più, che ci diano soluzioni e aiuti, che trasmettano sensazione di efficacia, non che pongano domande fini a se stesse che si reiterano nella loro capziosità, che ti congelino in una sensazione di inutilità, che ti fanno uscire con un punto di domanda grosso così in testa: “E quindi, mo cosa faccio?”
Trovate il vostro percorso e siate fisioterapisti migliori. Per i nostri pazienti. Per chi altri se no!?
Claudia Clerici